LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 882412 del registro di segreteria, proposto da Mastrangeli Antonia nata a Vignanello il 5 febbraio 1920, avverso la determinazione del direttore generale delle pensioni di guerra n. 2698780 del 26 novembre 1983. Uditi alla pubblica udienza del giorno 31 maggio 1988, il relatore nella persona del referendario Vincenza Romeo, il difensore della ricorrente avv. Antonio Carriero ed il p.m. nella persona del v.p.g. Raffaele Valenti. Esaminati gli atti ed i documenti di causa. PREMESSO IN FATTO che con l'impugnata determinazione il direttore generale delle pensioni di guerra ha respinto l'istanza presentata in data 12 marzo 1981 dalla signora Mastrangeli Antonia nata il 5 febbraio 1920, intesa ad ottenere il ripristino del trattamento economico di riversibilita' ordinaria, quale vedova risposata di Pacelli Angelo, deceduto il 16 maggio 1966; che il diniego e' stato motivato dalla circostanza che la sentenza della Corte costituzionale n. 184/1975 e' inoperante nei suoi riguardi, poiche' la richiedente era in godimento di pensione di riversibilita' ordinaria ai sensi dell'art. 59 della legge n. 313/1968 e non gia' di pensione diretta di guerra; che con il relativo ricorso l'interessata ha rilevato: 1) di avere contratto il nuovo matrimonio il 26 settembre 1976; 2) di percepire un reddito lordo attuale (1975) annuo di L. 3.640.000; 3) di avere ottenuto la dichiarazione di separazione personale dei coniugi, dal tribunale civile di Viterbo (11 dicembre 1980) che ha respinto anche la domanda di concessione di un assegno alimentare a carico del secondo marito; e pertanto, ha chiesto il ripristino della concessione della pensione di riversibilita' con riferimento alla declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 59 della legge 10 agosto 1950, n. 648, e 47, primo comma, della legge 18 marzo 1988, n. 313, nella parte in cui stabiliscono che la vedova che passi ad altre nozze perda la pensione per il solo fatto del matrimonio anche se il marito non fruisce di reddito assoggettabile all'imposta complementare. Dall'esame degli atti risulta: con determinazione del direttore generale delle pensioni di guerra n. 3424212 - Z del 9 dicembre 1975 e' stato concesso a Pacelli Angelo, militare in congedo, e per esso agli eredi, il rateo di pensione di ottava categoria tabella A per otite media purulenta cronica destra con v.c. = m. 2 dal 1 ottobre 1965, primo giorno del mese successivo alla presentazione dell'istanza pensionistica (14 settembre 1965) fino al 15 maggio 1966, e non oltre, perche' deceduto; con determinazione n. 1295285 - Z del 9 dicembre 1975, e' stata concessa alla di lui vedova Mastrangeli Antonia, in seguito ad istanza del 7 aprile 1973, la pensione di riversibilita' ordinaria dal 17 maggio 1966 (essendo Antonio Pacelli deceduto per causa - neoplasia cerebrale - diversa da quella per la quale era pensionato - parere c.m.s. del 24 maggio 1975) ed alla condizione "finche' vedova di Pacelli Angelo". Essendo la Mastrangeli passata a nuove nozze il 12 settembre 1976 con tale Loppi Oscar, l'Amministrazione del tesoro ha sospeso la pensione, il cui ripristino le e' stato negato con la determinazione ora impugnata e con la motivazione in epigrafe. Intanto il tribunale civile di Viterbo, sezione seconda, con sentenza n. 2 in data 11 dicembre 1980 passata in giudicato con sentenza della corte di appello di Roma, prima sezione civile, il 26 aprile 1982 ha pronunciato la separazione personale dei coniugi con addebito di responsabilita' alla Mastrangeli ed ha respinto la domanda di assegno mensile a carico del Loppi con condanna della Mastrangeli medesima al pagamento dei due terzi delle spese. Il procuratore generale, nell'atto conclusionale scritto in data 20 novembre 1986, preso atto della sentenza della Corte costituzionale n. 184/1975, considerato che la medesima riguarda esclusivamente l'art. 59, primo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, e il corrispondente art. 47, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, relativi alla sola pensione indiretta di guerra e non anche alla pensione di riversibilita' regolata dal diverso art. 69 della ripetuta legge n. 648/1950, ha chiesto il rigetto del gravame. In data 19 maggio 1988 e' stata depositata una breve memoria nella quale si chiede in via principale, l'estensione della sentenza della Corte costituzionale n. 84/1975 al caso in esame, giacche' se la norma che stabilisce la perdita della pensione di guerra per la vedova di guerra (pensione indiretta) che passi ad altre nozze e' illegittima, altrettanto viziata appare per la vedova di invalidi di guerra (pensione di riversibilita' ordinaria), tanto piu' se si tiene presente che la pensione e' stata riconosciuta perfino alle "promesse spose", quindi, si insiste per l'accoglimento del ricorso con il ripristino della pensione dal di' della domanda, con gli interessi legali, e, in via subordinata, per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, per contrasto o violazione dell'art. 3 della stessa Carta costituzionale, perche' due norme prevedono un diverso trattamento tra la vedova di guerra e la vedova dell'invalido di guerra. All'odierna pubblica udienza, l'avv. Antonio Carriero, procuratore speciale e difensore della parte, si e' riportato alla citata memoria ed ha insistito e concluso per l'accoglimento del ricorso e, in via degradata, per la remissione degli atti alla Corte costituzionale. Il rappresentante il pubblico ministero; a sua volta, ha opposto la non estensibilita' della sentenza n. 184/1975 della Corte costituzionale, occorrendo una pronuncia ad hoc al caso in esame, che riguarda una categoria diversa e, non opponendosi alla richiesta subordinata della difesa, ha quindi concluso per la non manifesta infondatezza della sollevata questione e quindi per la sospensione del presente giudizio con il rinvio degli atti alla Corte costituzionale. RILEVATO IN DIRITTO In via preliminare la sezione ritiene di dover affrontare la questione della sollevata eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, del testo unico 23 dicembre 1978, n. 915, in cui si dispone che la vedova dei mutilati o invalidi di guerra per infermita' ascrivibili dalla seconda all'ottava categoria tabella A, deceduti per cause diverse da quelle che hanno determinato l'invalidita', nel caso contraggano nuove nozze, persono - sic et simpliciter - il trattamento economico indicato nella tabella N, per asserito contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale in quanto violerebbero il principio di uguaglianza (tra vedove) sancito dalla Carta stessa. Al riguardo, rilevato che le sentenze costituzionali non sono suscettibili di estensione o interpretazione analogica, neppure quando ricorre l'eadem ratio, in quanto dichiarano la illegittimita' di precise norme di legge o di atto avente forza di legge, espressamente indicate dalla sentenza stessa; il collegio osserva quanto segue: non c'e' dubbio che la dedotta questione sia rilevante al fine di decidere, perche' dall'eventuale declaratoria di illegittimita' del citato art. 51, ultimo comma, del t.u. n. 915/1978, deriverebbe l'accoglimento del ricorso, con il ripristino della pensione di riversibilita' ordinaria, giacche' non sarebbe piu' ostativo il nuovo vincolo matrimoniale e neppure il limite di reddito dell'altro coniuge separato, senza onere di assegno alimentare. Ne' la questione, ad avviso del collegio, appare manifestamente infondata. Invero, ricordato che "la pensione, assegno od indennita' di guerra, costituiscono atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarieta' da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazione dell'integrita' fisica o la perdita di un congiunto" (art. 1 del t.u. 23 dicembre 1978, n. 915); che con le norme emanate in materia di pensioni di guerra, si intende regolato qualsiasi diritto verso lo Stato di coloro che, per causa di servizio di guerra o attinente alla guerra o per fatto di guerra, abbiano riportato ferite o contratto infermita', ovvero, in caso di morte, qualsiasi diritto dei rispettivi viventi a carico, degli eredi o di terzi (art. 119 della legge 18 marzo 1968, n. 313), la sezione osserva che il trattamento economico di guerra viene conservato alle vedove di guerra o assimilate, in caso di passaggio a nuove nozze, purche' il secondo coniuge non fruisca di un reddito superiore al minimo imponibile (artt. 42 e 70 del t.u. n. 915/1978). Ora sembra a questa Corte, attesa la natura risarcitoria ed alimentare dell'assegno pensionistico di guerra, non giustificato che la vedova dell'invalido deceduto per causa diversa da quella di guerra, debba perdere, tout court, sic et simpliciter, il trattamento economico, per il solo fatto che contragga nuovo matrimonio, senza aver riguardo alle condizioni economiche dell'altro coniuge: art. 51, ultimo comma, del citato t.u. D'altra parte, pur potendosi ipotizzare una diversa configurazione tra la vedova che ha perduto il marito per causa bellica e la vedova che lo ha perduto per fatti estranei alla guerra, tuttavia la Corte ritiene che possano sussistere argomentazioni in contrario che avversino la persistenza del nostro ordinamento di norme che differenzino i trattamenti riservati alle vedove stesse, con riferimento alla summenzionata natura risarcitoria dei due trattamenti. Del resto, se al coniuge titolare della pensione di riversibilita', e' consentito di conservare, anche dopo il decesso di quest'ultimo, il trattamento pensionistico medesimo, sia pure in diversa misura - il che dimostra la volonta' del legislatore di perpetuare nel tempo, anche oltre il decesso dell'originario destinatario, la corresponsione dell'indennizzo - non appare comprensibile il motivo per cui, solo perche' contragga nuovo vincolo matrimoniale e prescindendo da valutazioni reddituali, come invece operato nel caso previsto dall'art. 42 del t.u. citato - la vedova (o il vedovo) che passa, come detto, a nuove nozze non possa continuare a fruire di quelle provvidenze, che prima le erano riconosciute. Tale disparita' di trattamento tra le due categorie di vedove (di guerra o assimilate da una parte, o di invalidi di guerra dall'altra), non appare logica ne' giustificata sul piano morale, giuridico e dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 della Costituzione), onde la norma in questione - art. 51, ultimo comma, del t.u. n. 915/1978 - appare di dubbia o quanto meno di sospetta legittimita' costituzionale. Conseguentemente, ritenuta la non manifesta infondatezza della menzionata questione di legittimita' costituzionale, e, considerata altresi' la indiscutibile rilevanza in concreto della questione stessa ai fini della decisione del processo, ritiene la Corte di dovere, per tali ragioni, investire della risoluzione della questione la Corte costituzionale, sospendendo il presente giudizio.